Mongolfiere Tascabili

Se mi lasci non vale

Dove dobbiamo stare per essere efficaci, per diventare realisticamente preventivi o incidere su una storia di vita che rischia di frantumarsi? 

Questa domanda riempie spesso i pensieri di chi, a vario titolo, lavora con la salute. Non si tratta necessariamente di gestire una “coperta corta”, seppur le risorse economiche rappresentano un tema delicato. Si tratta piuttosto di comprendere che noi stessi operatori, in quanto strumenti, non possiamo stare ovunque e siamo chiamati a scegliere: dobbiamo imbastire una strategia politica, sociale e operativa attraverso la quale orientare la nostra attenzione e le nostre azioni verso le comunità.

L’esperienza ci sta insegnando che vale la pena muoverci su due fronti: i luoghi della creatività e i luoghi della fatica. 

Se i primi ci insegnano a trovare nuovi e diversi significati alle esperienze, a costruire nuove narrazioni, a sperimentare relazioni e metodi, i secondi sono invece gli spazi della vita dove donne e uomini fanno più fatica, soffrono, si ammalano e talvolta si fermano.

Essere senza di te, sentire di non avere più qualcuno o qualcosa di importante (talvolta di vitale) è uno dei luoghi della fatica. Lo è nell’abbandono e nel lutto, ma anche nella scelta disperata di “lasciare per sopravvivere”. Lo è, tanto più, in quel qualcosa che ci manca perché non l’abbiamo mai avuto, anche quando ci sarebbe più servito. 

Forse la prima reazione alla fatica di abitare questo luogo sarebbe mollare tutto, abbandonare il campo urlando “Non vale!”. Un po’ come quando i bambini giocano e qualcuno non sta alle regole: “Così non vale, io non gioco più”. Quando veniamo lasciati da qualcuno o qualcosa, in effetti, è un po’ come se venissero cambiate improvvisamente le regole: le istruzioni per l’uso adottate fino a quel momento non valgono più e ci viene imposto un cambiamento che ci lascia spiazzati e incapaci di continuare il gioco.

Questo “senza” lascia un vuoto che è allo stesso tempo limite ma anche possibilità. Nel tentativo di colmarlo, spesso viene riempito con un desiderio: a volte si tratta di un desiderare irrealizzabile che ci riporta alla mancanza e continua ad attorcigliarsi su se stesso; altre volte desideriamo in un modo che ci spinge ad esplorare, cercare, sperimentare, metterci alla prova, crescere.

È nato così il nostro terzo tema, nel desiderio di unire la fatica con la creatività.

Senza di te può essere una condizione subita, un caso sfortunato, una difficile aspirazione, una dura conquista. Qualsiasi sia il punto di partenza, quello che vorremmo raccontare sono le soluzioni e i vissuti resi possibili solo grazie a quella assenza.

I nostri autori ci racconteranno “senza” diversi e lo faranno ciascuno a modo proprio. Ci racconteranno anche le azioni creative che sono nate da quegli stessi “senza”: un’attenzione al possibile e al fare, alla salute e alla resilienza.

E voi lettori? Cosa ve ne siete fatti dei vostri senza? Scriveteci e raccontatecelo: se ci lasciate non vale!